Terrore: Jihad – Parte Prima

Questo articolo, (diviso in due parti, per favorirne la fruibilità), lo scriverò in prima persona e così sarà per tutti gli articoli che sono/saranno scritti  da me sullo stesso argomento. Ci tengo a precisare, essendo questo uno di una serie di articoli, che non è un’apologia del terrorismo, tutt’altro, il terrorismo va condannato fortemente, in tutte le sue forme. Quest’articolo, pur contenendo intrinsecamente le mie idee, non è atto ad offendere la sensibilità di nessuno, ma è volto a snocciolare la situazione con razionalità, ad informare e a far luce, (per quanto mi è possibile), su una questione che, soprattutto dopo gli attentati di Parigi, viene presa in maniera troppo semplicistica e che invece è molto più complessa da analizzare.

Ci ho messo tanto prima di decidermi a scrivere queste parole, ma oramai si rende evidente la necessità di farlo. La paura e l’ignoranza ci rendono impulsivi e violenti, tuttavia se lasciamo che siano questi sentimenti a dominarci, diventeremo parte del problema e non della soluzione, senza essere migliori di chi diciamo di disprezzare tanto. Una guerra, un omicidio, una strage, non diventano meno abbietti solo perché li si compie in nome di qualcosa che noi riteniamo essere una “giusta causa”, a rimetterci, a morire, saranno sempre gli innocenti, creando una spirale di odio che come il mitico Uroboro, non farà che tentare di mangiare se stessa. Quindi partiamo dall’inizio.

Cos’è il Jihad? La guerra santa! Non c’è bisogno che io vi legga nella mente per sapere che questo è il primo pensiero che vi è saltato per la testa, ebbene, vi sorprenderà sapere che il Jihad non è questo. Parto dal concetto di Jihad, poiché è importante sapere di cosa si sta parlando quando si tenta di guardare una situazione in tutta la sua complessità, un puzzle non può essere ricostruito da un singolo pezzo ed è proprio questo quello di cui si sta parlando: uno sporco, insanguinato, terribile puzzle.

…chiunque uccida un uomo, che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera. E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l’umanità. (Surah al-Maaida, 5:32)

Questa è l’era del “fast” (argomento che, credo, sarà ricorrente in questi articoli), dove tutto è “fast”, il sesso, l’amore, le relazioni, il divertimento, l’informazione, la cultura, il lutto per i morti altrui, la pietà…l’umanità. Nessuno ha tempo o voglia di informarsi, siamo tutti rinchiusi nelle nostre bolle, vediamo e viviamo tutto attraverso il filtro dei pochi caratteri di twitter, o delle parole spiccicate dal mezzobusto in TV, mentre distrattamente mangiamo del cibo (anche esso “fast”, molto probabilmente), spazzatura, oppure finiamo per vivere tramite le emojis di una chat. In questo inferno “veloce”, non c’è modo di comprendere veramente qualcosa, a meno che non ci interessi seriamente, ma se siete arrivati fin qui, forse c’è speranza e allora è bene che sappiate che il concetto stesso di jihad come “guerra santa” è una distorsione tutta occidentale di un insegnamento molto più vasto della cultura islamica, derivante dal concetto cristiano di “guerra giusta”, forgiato ed in voga (sempre con disinvoltura attribuito all’Islam) dall’epoca delle crociate. Si, avete capito bene, usiamo un termine medioevale…proprio noi, che ci sentiamo invece così evoluti e lontani da quelle barbarie.

Ma andiamo con ordine: la stessa fede islamica non è intrinsecamente violenta, tutt’altro infatti “Islam” deriva dalla parola “Silm” (col duplice significato di sottomissione volontaria a Dio e pace per gli uomini), il saluto fra due fedeli islamici è: “as-salamu ‘alaykum” (che la pace sia su di te), al quale si risponde “alaykumus salam” ed ogni preghiera comincia col ricordare quanto “Dio sia misericordioso”; sulla scia di tutto questo, la parola “Jihad” possiede due significati principali, denominati jihad maggiore e jihad minore.

Jihad maggiore: è il combattimento spirituale che tutti gli uomini soffrono all’interno di se stessi. La coscienza contro gli istinti più bassi, la propria elevazione verso Dio, contro i desideri carnali. L’eterna lotta che l’Islam si aspetta sia vinta dall’anima e dalla coscienza. Il periodo di digiuno durante il “Ramadhan” è simbolo dell’allenamento di un fedele alla jihad maggiore.

Jihad minore: lotta armata.

Qui casca l’asino, poiché tutti voi potreste contestare che esiste allora quest’incitamento alla violenza, ma pensate un po’, è esattamente ciò che dicono i capipopolo fondamentalisti, quando traviano e raggirano le masse disperate, o ignoranti (o entrambe le cose), per favorire i propri interessi. Lasciate che argomenti questa mia affermazione.

Il jihad minore è sempre una lotta difensiva, mai aggressiva, è sempre una reazione proporzionata e sottesa alla sopravvivenza di se stessi, del proprio popolo e delle proprie tradizioni; tutto questo non sancisce nient’altro se non un diritto del popolo a difendersi dagli oppressori, o dall’altrui violenza, condannando al contempo chi, seppur “fedele alla parola del Profeta”, si comporti allo stesso modo.

Diamo uno sguardo assieme ad alcuni versetti del Corano:

La prima battaglia combattuta dal Profeta e dai suoi seguaci era una guerra di difesa. Essa è conosciuta come Battaglia di Badr, dal nome di una località nei pressi della città di Medina. Si trattò di una battaglia nella quale il Profeta partecipò con i suoi seguaci affrontando le forze nemiche che erano giunte direttamente da Mecca, che si trovava allora sotto il controllo dei “miscredenti”.

Il primo versetto del jihad minore, la lotta armata, nel Capitolo 22, Surah al-Hajj, del Corano, versetti 39-40, spiega chiaramente l’obiettivo del jihad minore stesso:

A coloro che sono stati aggrediti è data l’autorizzazione [di difendersi], perché certamente sono stati oppressi…a coloro che senza colpa sono stati scacciati dalle loro case… (Surah al-Hajj, 22:39-40)

Ancora, riferendosi ai miscredenti di Mecca che ingaggiarono guerra contro il Profeta ed i suoi seguaci a Medina, il Corano nel Capitolo 2, Surah al-Baqara, versetto 190, dice:

Combattete per la causa di Dio contro coloro che vi combattono, ma senza eccessi, ché Dio non ama coloro che eccedono (Surah al-Baqara, 2:190)

In questo versetto la discussione riguarda il rispondere ad una guerra difendendo sé stessi; non si parla assolutamente di iniziare un’aggressione. Anche nella guerra di difesa, il Corano mette in guardia i Musulmani dal non “eccedere” oltre i limiti appropriati.

L’Islam insegna che i Musulmani devono essere forti per poter difendere sé stessi, ma questo non significa diventare aggressivi ed ingiusti. Nel capitolo 8, Surah al-Anfal, versetti 60-61 del Corano, è scritto questo principio generale molto chiaramente quando Dio si rivolge ai Musulmani nel seguente modo:

Preparate, contro di loro {il nemico}, tutte le forze che potete [raccogliere] e i cavalli addestrati, per terrorizzare il nemico di Dio e il vostro e altri ancora che voi non conoscete, ma che Dio conosce. (Surah al-Anfal, 8: 60)

Dopo aver indicato il principio di rimanere saldi e pronti a difendere sé stessi, il versetto prosegue:

ma se essi {il nemico} inclinano alla pace, inclina anche tu ad essa e riponi la tua fiducia in Dio (Surah al-Anfal, 8:61)

In breve, l’Islam vuole che i Musulmani siano forti i modo da non favorire l’altrui arroganza; ma devono però tendere la mano persino verso i loro nemici, se nel nemico vi è un’inclinazione alla pace.

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